Letture sostenibili da Barilla CFN

Un bel sito, quello di Barilla CFN. Ben fatto e ricco di informazioni. Il Barilla Center for Food & Nutrition nasce con l’obiettivo di: dare ascolto alle esigenze attuali ed emergenti della società sui grandi temi legati al mondo della nutrizione e dell’alimentazione; Continua a leggere “Letture sostenibili da Barilla CFN”

Il manifesto del mangiare bene

Il decalogo per una tavola (ed una pancia) ecosostenibile, secondo l‘Espresso Food&Wine

Brit-pop, Brit-rock o Brit-roast?

Bring Back Sundays è la campagna promossa da From My Farm attraverso i canali web e social. Non è che ci sarebbe da parlare di cibo o prodotto, quindi. Se non per il fatto che From My Farm distribuisce frutta e ortaggi coltivati da piccole e medie imprese. Prodotti locali e di stagione. Quale miglior modo per suggerirne l’uso se non quello di invitare gli inglesi a rinunciare, la domenica, a tirar fuori dal frigo i resti delle pizza del sabato sera e a racimolare qualunque cosa di commestibile esca dalla credenze della cucina per cucinare, invece, il tradizionale arrosto “british”? Ed il suggerimento diventa un contest. Ogni settimana viene premiato il miglior arrosto (o meglio, la miglior foto d’arrosto) che vince il libro “British Seasonal Food” di Mark Hix. A fine campagna tutti i vincitori parteciperanno all’estrazione del super premio; un anno di fornitura dei prodotti From My Farm. Sicuramente un buon modo per far promozione ai propri prodotti, che attualmente sono disponibili in Yorkshire, Scozia sud-ovest e in alcune zone dell’est dell’Inghilterra.

Apprezzabile l’idea di donare 1 penny (un pò poco?) – per ogni confezione venduta  – alla regione dalla quale il prodotto proviene. Tornando a Bring Back Sundays, fermo restando che si tratta solo di un’operazione commerciale (seppur – di riflesso – suggerisca una modalità migliore di mangiare e di stare in tavola) trovo l’idea, nel complesso, piacevole. Le foto degli arrosti, lo sono un pò meno.

Fastvìnic a Barcellona: fast-food sostenibile

In questo caso, possiamo davvero parlare di “impiatto”zero. E a 360 gradi. Perchè il ciclo virtuoso comincia dalla progettazione degli spazi e termina nell’utilizzo di materie prime locali, per un’offerta gastronomica sana, succulenta e sostenibile. Siamo a Barcellona. Il locale si chiama Fastvìnic ed ha aperto i battenti quest’estate. E’, pertanto, uno spazio nuovo. Nuovo in particolare il “concept” con il quale nasce, che coniuga “processi” e “modalità” tipici del fast food con i concetti di sostenibilità, qualità e ricerca estetica. Il panino, questo il prodotto di punta di Fastvìnic, in molteplici varianti, tutte realizzate con materie prime di alta qualità, di provenienza locale, di stagione e biologiche.

L’enfasi sui prodotti naturali ed eco-friendly non si ferma al cibo: il packaging da asporto, i bicchieri, i vassoi, le posate e gli altri oggetti sono realizzati con materiali riciclati o riciclabili. Anche per gli arredi e gli impianti le scelte fatte dal progettista Alfons Tost, hanno privilegiato materiali eco-compatibili, come il legno FSC (proveniente da foreste controllate) o l’illuminazione a LED ad alta efficienza energetica. Tanto che Fastvìnic si è guadagnato un bel certificato di idoneità LEED (sistema di classificazione e valutazione dell’efficienza energetica e dell’impatto ambientale degli edifici). Se andate a Barcellona, non dimenticate di farci un salto.

Surfers against pollution

Surfrider, è una fondazione nata in California circa 25 anni fa ed oggi attiva in 15 differenti paesi. La loro mission, come si legge dal sito è, attraverso una fitta rete di attivisti ed azioni concrete, di salvaguardare gli oceani e le spiagge dagli stessi bagnate. Il sito è davvero ben fatto ed illustra chiaramente tutte le loro attività. Apparentemente questi di Surfrider (che ci tengono a precisare sono surfisti, bagnanti, barcaioli, ma anche mamme, bambini e ragazzi) non c’entrano nulla con il cibo (o con il design); l’immagine scelta per la loro recente campagna è, invece, quanto mai significativa. Pensateci…il cibo che ingeriamo è “inquinato” dal design che produciamo. Ossia? Mangiamo male e produciamo peggio. It’s time to change, direbbero in California.

Sul tonno

Qualche info, sui codici stampati sulle scatolette di tonno. Da “Il Fatto Alimentare

Il latte diventa verde

Qualche post fa, vi avevo parlato di GreenBottle, un bel progetto proveniente dal Regno Unito per un innovativo contenitore per il latte, realizzato in carta, quindi riciclabile e compostabile al 100%. Vista l’attenzione che pongono sulla questione, gli inglesi, deduco siano dei gran consumatori di latte. O quantomeno, molto solerti nello studiare soluzioni di packaging “virtuose” e “sostenibili”. Ne è un ulteriore esempio, Jug It. Già in distribuzione in un gran numero di supermercati, si compone di due elementi: una busta (contenente il latte) flessibile, realizzata in plastica a bassa densità e completamente riciclabile ed un contenitore/caraffa – all’interno del quale trova alloggio la busta –  e nel quale/dal quale sarà possibile conservare/versare con estrema praticità il latte. Ovviamente la caraffa la si compra una volta e si riutilizza all’infinito; le buste, quelle no, ogni volta che avete voglia di latte. Qui, trovate un video un pò brutto, ma che ne illustra, con chiarezza, le modalità d’uso.

E’ stato stimato che l’uso del sistema Jug It contribuisce a ridurre i rifiuti, derivati dagli imballaggi del latte, del 75% . Ed evita la movimentazione, verso la discarica, di 3.750 camion e di 130.000 tonnellate di bottiglie usate.

Senza dubbio, un progetto molto interessante. Da migliorare, assolutamente, design e grafica. Certo, mi chiedo, se anche le buste fossero riutilizzabili, quanto, ulteriore, vantaggio otterremmo, sia in termini ambientali che economici? Pensate ad una sorta di tanica, da riempire attraverso un distributore automatico e poi svuotare a casa. Quindi lavare e mettere via. Da riutilizzare infinite volte.

Anti-bottle: la bottiglia “contro”

Ancora non siete convinti che l’acqua del rubinetto sia ottima? Io si. E ho smesso (quasi del tutto) di consumare acqua imbottigliata (in particolare, in plastica) Come me, quelli di Vapur. Addirittura ci hanno creduto al punto tale da aver ideato, progettato e messo in commercio una pratica bottiglia, portatile e riutilizzabile infinite volte. Io posseggo una bottiglia Envirosax. In acciaio inox, curata nel design, funzionale ma con il limite di essere un tantino ingombrante, soprattutto, quando vuota. Vapur Anti-Bottle ha il vantaggio, invece, di essere flessibile, quindi, quando vuota, facilmente ripiegabile su se stessa.

Priva di BPA, è realizzata con tre strati di materiale plastico ultra-resistente. Lo strato più interno è realizzato in polietilene, che viene poi legato a due strati di nylon per aumentarne resistenza e durevolezza. Lo strato interno è inodore, insapore e anti-macchia. Può esser lasciata nel freezer e lavata comodamente il lavastoviglie. Fornita di un comodo moschettone, per essere agganciata al passante dei pantaloni o ad uno zaino. E’ statunitense ed in Europa arriva solo nel Regno Unito. Se passate di là…

Qualche dato per i consumatori di acqua fedeli alle bottiglie in Pet.
Ogni anno, sul pianeta, si consumano circa 200 miliardi di bottiglie. Di queste, solo circa il 12% viene riciclato. Mentre c’è chi paga per acquistare acqua “griffata”, oltre 1,2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile e si stima che tra queste ogni anno, oltre 5 milioni, muoiano per malattie legate all’ingestione di acqua non-potabile. Pensate a quanto – con i soldi che si buttano per l’acquisto di un bene “inutile” ossia l’acqua imbottigliata –  si potrebbe fare per aiutare le popolazioni che non hanno accesso a risorse idriche sufficienti e sicure. Tanto a Londra ci capitate prima o poi. Anche voi.

Know your e(gg)nemy

Conosci il tuo nemico, il brano dei Rage Against The Machine. Ho pensato subito a quello. Per carità, in questo caso, non dico che si tratti proprio di un nemico. Anzi. Lo sarebbe di certo se, quelle indicazioni, fornite attraverso una stringa alfanumerica stampata sull’ovetto, neanche ce le desse. Ma nel farlo, perchè obbligato, ci mostra il suo punto debole ed è li che, con una scelta consapevole come arma, possiamo colpirlo. Mi riferisco al sistema della grande distribuzione e produzione alimentare. Cosa indica quella stringa e come possiamo difenderci dal ‘nemico’? Capire il significato di quei codici è già un buon modo. Il successivo passo sarà fare acquisti consapevoli che riducano il più possibile impatto ambientale, spreco di risorse, atteggiamenti non etici da parte di chi produce e vende.

0IT001RM000

Da sinistra:

0, indica la tipologia di allevamento (0: agricoltura biologica, 1: allevamento all’aperto, 2: allevamento in terra, 3: allevamento in gabbia);

IT, il paese di provenienza;

001, il comune dell’allevamento;

RM, la provincia di produzione;

000, l’allevamento di deposizione.

Che ne pensate? Varrà la pena investire qualche minuto in più del proprio tempo per fare la spesa? Basta davvero poco, per chiedere e, soprattutto, per contribuire allo sviluppo di un mondo più sano. Migliore.

Contro gli sprechi

Buone nuove dal Parlamento Europeo. Leggete qui.  Continua a leggere “Contro gli sprechi”